Tommaso Campanella, Lettere, n. 118
A NICOLAS CLAUDE FABRI DE PEIRESC
IN AIX-EN-PROVENCE
Parigi, 3 maggio 1635
Illustrissimo e reverendissimo signor e padrone osservandissimo,
ieri, 2 di maggio, sendo uscito dalla semblea di signori dottori sorbonisti,
dalli quali fui introdutto a parlare
e salutar tutti, con molta lor creanza e onor
che m’han fatto; e per lor cortesia mi ringraziâro ch’io gli avessi stimati
tanto
che l’anno 1621 ebbero da me una lettera dove sottoponevo a lor censura tutti
i libri miei e li pregavo pigliasser
fastidio di correggerli, e ho pur la risposta
di tutta l’Academia, assai cortese ecc.; e di novo ho fatto il medesimo con
le
parole ch’ho saputo: e perché il Guardasigilli del Re mi donò licenza e privilegio
per tutti i libri miei, io risposi
che l’accetto, se la Sorbona, Academia
regia, l’approbarà. Piacque ciò a tutti, talché, uscendo da questo colloquio
assai
allegro, ricevei da’ signori Puteani lettera del padre don Cristofaro e questa
di Vostra Signoria illustrissima,
dove per complimento nella sopracarta avvisa
ch’il baullo sia gionto in sua mano ben condizionato a’ 24 aprile.
L’allegrezza fu assai, perché fu colmata dalla grazia di Vostra Signoria
illustrissima; né si potea desiar meglior ricapito.
Ma non mi dice s’ha ricevuto
lei quel che mi scrisse il signor Bordeloto, di cui ho lettere scritte alli
13 d’aprile, che dodici giorni
avanti avea posto su le galere il baullo. Né so
s’è sigillato dal Conte ambasciatore; e se a Vostra Signoria han mandato
la
chiave, com’io desideravo, perché vedesse i pensieri di me, servo suo; e se va
soprascritto «al Vescovo di Sanfloro»
– io stamperò quelli che da Roma fûr
approbati, e poi gli altri, sendo revisti dalla Sorbona, la qual adesso,
son
quindici giorni, tiene il libro De praedestinatione, tanto necessario a questo
secolo ecc, –
e in particolare se li mandò lo Specillo dello Stigliola. Io credo
che Vostra Signoria illustrissima
l’abbia subito inviato, e che sia vano scriverli
che faccia quel ch’a lei piace.
Desidero ch’il signor Cassendo mi scriva qualche cosa della vostra famiglia
ecc., perché voglio onorarmi in alcuno di questi
libri col suo nome, e
per memoria di quel che devo a tanta generosità ecc. Mi par soverchio insinuar
a Vostra Signoria
illustrissima quel che deve fare e come mandarlo
sicuro, perché non mi si dica: «Sus Minervam docet». Lo sto
aspettando
con avidità. Le farò parte d’alcuni pensieri dati a questi padroni, quando
si potran publicare. Con monsignor
Rossi io li scrissi a lungo; e come già
li tesorieri mi donâro denari per tre mesi, oltre quelli che da principio
mi
mandò Sua Maestà Cristianissima per accommodarmi.
Tutte le cose per grazia di Dio van prosperamente, eccetto quella di mio
nepote, che ancora sta carcerato, e tutti li altri
fûr liberati; ma lui disse ch’era
clerico, com’è vero, e ha bolla del papa di poter medicare. Ma spero ch’uscirà,
perché
la falsità è manifesta. Potrebbe nocerli la mia venuta ecc.; e per questo
io non ho fatto manifesti e altro, che si
converrebbe a scoprir e forsi punire la
malvagità di chi lo perseguita. Ho visto quel che Vostra Signoria
filosoficamente
scrive al bon Galileo nostro, degno scritto di chi e a chi lo manda. Non ho
cessato io di far quel che
devo per l’amico, e scriverei anche a Nostro Signore,
a cui sempre scrivo e da cui qui ricevo e favori e danari – ciò si
taccia –, ma sarò
ripreso da Sua Beatitudine di molto imprudente, come mi suol fare.
Scriverò al cardinal Colonna, ch’è tornato in Roma e mi scrive e s’offerisce
ecc. Io resto a Vostra Signoria illustrissima
obbligatissimo sempre più,
e prego Dio che la mantenga molto tempo in vita e in grado maggiore per
beneficio de’ buoni e
ornamento del nostro secolo. Mando l’inclusa a’ signori
Lamberti e Gastines.
Saluto cordialmente il signor Barone e tutti di casa, e ’l signor Cassendo,
se pur è tornato. A Dio.
Parigi, a’ 3 di maggio 1635.
servitore obligatissimo e divotissimo
F.T. Campanella
La mia Metafisica vien in baullo: pagai per ricuperarla trenta scudi;
quella
d’Avicenna non trovai, cercandola sempre, se non nella libreria del cardinal
Biscia, e non vol darla né
stamparla. Se li pare, tentarò ecc. Io stamparò
subito e tutto manderò a Vostra Signoria illustrissima.