Tommaso Campanella, Lettere, n. 116

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A NICOLAS CLAUDE FABRI DE PEIRESC
IN AIX-EN-PROVENCE

Parigi, 15 aprile 1635

Illustrissimo e reverendissimo signore padrone osservandissimo,

dopo scritto l’ultima, nel sequente giorno mi giunse la gratissima di Vostra
Signoria illustrissima e reverendissima, dove m’avvisa che, quando le
scrisse il signor Deodato dell’opere del Cremonino, io non l’ho scritto forse
per occupazion de’ favori che questi signori mi fanno. Vorrei che fosse persuasa
ch’io più stimo e amo una virtù vera che tutti beni del mondo – i quali
la necessità naturale e non l’elezione razionale mi fa amabili – de’ quali pur
da lei io con quella partecipo. In verità, li risposi subito il medesimo giorno; e
perché ci era il signor Deodato e li communicai quel che mi scrivea, si pigliò
il carico di risponder di quei duoi libri, de’ quali egli avea più notizia ch’io.

Scrissi della mia Metafisica, ch’ancora non s’era recuperata da quello
stampatore che la prese dal Favilla per istamparla. Adesso li dico che s’è ricuperata
con pagarli trenta scudi – pazienza! – e mi viene con gli altri nel
baullo che capiterà in man di Vostra Signoria illustrissima. Io scrissi una cartella
allora al signor Gastines e Lamberti dentro quella di Vostra Signoria,
perché pensavo fossero più sollecite le galere al viaggio; e quella di Vostra
Signoria era intra un’altra del signor Roberto Galilei. E lui mi scrive che non
l’ha ricevuta: e di ciò n’accuso me stesso, che quella volta non mandai le lettere
a monsignor di Sanfloro né alli signori De Puy e Thou, ma al procaccio,
per man del servitore del convento, sendo una sola ecc.

Mi ammiro poscia che Vostra Signoria dice volermi mandare quelle poche
curiosità, mentre io a Vostra Signoria le donai, a cui devo, per le cortesie,
assai gran cose e, per la virtù, ciò che io vaglio: e spero in Dio testificarlo
presto al mondo, come adesso lo fo in Parigi con onorarmi del suo nome
ecc. Or questo fu causa ch’io riscrivessi al signor Gastines, avendo avuto nova
dal signor Galilei che non avea ricevuto la mia. Quanto a quel che
dice delle pistole, io ne resto mortificato, perché scrissi al signor Roberto Galilei
questo lo trattasse col signor Rossi senza dir altro a Vostra Signoria, imaginandomi
quel che dal suo genio poteva succedere; e perché non avevo risposta,
ché non ci andò, lo scrissi poi a Vostra Signoria, pensando ch’ella
avesse scritto al Galilei che di ciò non mi desse risposta. E non fu così;
ma in vero egli non ebbe la mia, e fin alla settimana santa non me n’accertai.

Gli avvisi che mi dà, mi saran dogmi pitagorici; e la ringrazio assai, e così
fo. Il Re parte dimane per Piccardia; il principe di Condé per Lotaringia.
Roano è già intrato in Valtellina; Cricchì mi chiamò ieri e ragionammo
ecc.: va in Italia. Il Sassonia scrive al Re sottoponendosi a Sua Maestà, se vorrà
aiutarli. Io sto bene al suo comando, e comincio a godere con la stagion
novella le delizie di Parigi. Credo sarà tornato il signor Gassendo: lo saluto
caramente. Vostra Signoria illustrissima ha fatto da quel ch’è col Galileo Galilei;
e io scrissi al Novaglia, mio signore, e a qualche altro, che secondino le
filosofiche ragioni di Vostra Signoria illustrissima. È finita la stampa della
traduzione de’ Dialoghi, e verranno altri libri. Mi spanto che il signor Gaffarelli,
passando per Lione, non abbia mandato a me un libro delle Medicinali
– e per mio rispetto ebbe il privilegio, senza cui egli non averia avuto il
frutto suo dal libraro –, e più mi spiace che non mandò a Vostra Signoria
illustrissima un esemplare. Forse lo farà al ritorno di Roma.

Resto al suo comando e fo umil riverenza al signor Barone e tutti suoi.
Qua si parla della magnificenza ch’usò Vostra Signoria al signor Cardinal di
Lione, e dona a me occasione di parlare più ecc. A Dio.

Parigi, 15 d’aprile 1635.

Di Vostra Signoria illustrissima e reverendissima
servitore obligatissimo e divotissimo
Fra Campanella

Il signor Rossi, che viene alli servizi di Vostra Signoria, mi fe’ scrivere per
lui ecc. S’è passato assai bene in Parigi ecc.

[A tergo:] All’illustrissimo e reverendissimo
signor l’abbate Fabri, monsignor de Peresc,
presidente del Parlamento, padrone osservandissimo. Aix.

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