Tommaso Campanella, Lettere, n. 94

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A GALILEO GALILEI IN FIRENZE

Roma, 25 settembre 1632

Signore eccellentissimo,

ho fatto il possibile per servirla; e s’io scrivessi a lei le ragioni urgentissime
e interessi donde non si devean movere a far contra lei, si stupirebbe ex
arcanis eorum sacris et politicis. Non fui ammesso; e pur informai un Eminentissimo,
che sostenne l’impeto di contradicenti, e si dilatò da mattino ad
un’ora di vespro, e pure non so che si è fatto. Ma non spero bene, mentre io
non fui ammesso, e qualche persona m’ha minacciato. Però non dico altro
in questa. Desidero la sua presenza per ecc. A Dio. Concordiamoci col voler
divino e crediamo che, se le cose naturali tutte son fatte con arte e sapienza
infinita, anche le morali e politiche, se ben a noi pare al rovescio; e siamo
figli dell’obedienza. Quando s’affreddarà il sangue, dirò a lei più. A Dio.

Roma, 25 settembre 1632.

Di Vostra Signoria eccellentissima
servitore e amico
Fra Campanella
[A tergo:] Al signor Galileo Galilei,
filosofo e matematico dell’Altezza di Toscana,
padrone osservandissimo. Firenze ecc.

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