Tommaso Campanella, Lettere, n. 93

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A GALILEO GALILEI IN FIRENZE

Roma, 21 agosto 1632

Molto illustre ed eccellentissimo signore,

con gran disgusto mio ho sentito che si fa Congregazione di teologi irati
a proibire i Dialoghidi Vostra Signoria, e non ci entra persona che sappia
matematica né cose recondite. Avverta che, mentre Vostra Signoria asserisce
che fu ben proibita l’opinione del moto della terra, non è obligata a creder
anche che le ragioni contradicenti sian buone. Questa è regola teologica;
e si prova, perché nel Concilio niceno secondo fu decretato che «angelorum
imagines depingi debent, quoniam vere corporei sunt»: il decreto è valido e
non la ragione, già che tutti scolastici dicono che gli angioli son incorporei, a
tempo nostro. Ci son altri fondamenti assai.

Dubito di violenza di gente che non sa. E ’l Padre Mostro fa fracassi contra,
e dice ex ore Pontificis; ma Nostro Signore non è informato, né può pensar
a questo. Vostra Signoria, per mio avviso, faccia scriver dal Granduca
che, sì come mettono Domenicani, Gesuini e Teatini e preti secolari in questa
Congregazione contra i vostri libri, ammettano anche il Padre Castelli e
me: e, si vinceranno, succumbemus ecc.etiam nella proposizione, non che
nelle ragioni. Ma sia a me secreto, quiaecc. O dimandi avvocato e procuratore
in questa causa; e se non la vinceremo, mi tenga per bestia. Io so ch’il
Papa è di gran senno, e quando sarà informato ecc. A Dio.

Roma, 21 agosto 1632.

Di Vostra Signoria eccellentissima
servitore affezionatissimo non volgare
Fra Tomaso Campanella

Ho molti autori sacri per noi ecc.

[A tergo:] Al molt’illustre ed eccellentissimo signor Galileo Galilei,
filosofo e matematico dell’Altezza di Toscana. Firenze.

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