Tommaso Campanella, Lettere, n. 92

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A GALILEO GALILEI IN FIRENZE

Roma, 5 agosto 1632

Molto illustre ed eccellentissimo signore,

ho ricevuto i Dialoghi di Vostra Signoria eccellentissima dal signor Magalotti
nel mese di luglio, secondo Vostra Signoria m’avea predetto a’ 17 di
maggio, e non le scrissi subito, perché mi parse meglio leggerli prima.
Ognun fa la parte sua mirabilmente: e Simplicio par il Trastullo di questa
comedia filosofica, ch’insieme mostra la sciocchezza della sua setta, il parlare
e l’instabilità e l’ostinazione e quanto ci va. Certo che non avemo a invidiar
Platone. Salviati è un gran Socrate, che fa parturire più che non parturisce,
e Sagredo un libero ingegno che, senza esser adulterato nelle scole,
giudica di tutte con molta sagacità. Tutte le cose mi son piacciute; e vedo
quanto è più forzoso il suo argomentare di quel di Copernico, se ben quello
è fondamentale. È riuscito secondo io desiderai, quando le scrissi da Napoli
che mettesse questa dottrina in dialogo per assicurarci da tutti ecc. Vero è
che qui non si trattano cose da me desideratissime: com’è l’anomalie dell’obliquità
ed eccentricità e le nove apparenze ed esorbitanze toccate da Platone
ne’ secoli antichi, ma di altra manera che ne’ moderni da Copernico; né
degli apogei e perigei e latitudini mutate, e dell’immutabilità delle distanze
tra di loro, e mutabilità da’ tropici e dal zodiaco, e molte altre cose ch’io
stimo inarrivabili mentre Vostra Signoria le tace, e le cose ch’io li dimandai
nella prima epistola, letto il Nunzio sidereo.

Circa il movimento del mare, non in tutto son per adesso con Vostra Signoria,
se ben è assai meglio scritto che non mi fu riferito d’amici che non
seppero risponder agli argomenti, e col tempo n’avviserò Vostra Signoria.

Si dolerà grandemente Apelle di questo libro; e indivinò, parlando meco,
che Vostra Signoria avea di puntarlo, perché lui a ogni modo vorrebbe
esser l’autor delle macchie, e m’allega molte epistole di quel tempo a suo
favore. M’ha dato da principio il suo libro, ma, sendo tedioso il suo scrivere,
non posso dir d’averlo ben letto ecc. Mi piace assai che quelli che si faceano
autori delle proposizioni di questo libro di Vostra Signoria, e dicendo io
ch’erano degli antichi Pitagorici e Democratici e di Vostra Signoria, mi rispondean
che non l’han visti, né quel che in Aristotile, Platone, Galeno e
Plutarco si legge, e ch’era loro invenzione; adesso son chiariti e nell’academie
noti, se ben tra’ letterati plebei si fanno spantosi con riferirle lunge da
noi come proprie. Desidero che Vostra Signoria metta presto a luce quell’opuscolo
de’ movimenti, perché odoro da quel che qui dice grandi utilità al
filosofare.

Io difendo contra tutti come questo libro è in favor del decreto Contra
motum telluris ecc., perché qualche litteratello non perturbasse il corso di
questa dottrina; ma i miei discepoli sanno il misterio. Io oso a dire che,
se stessimo insieme in villa per un anno, s’aggiusteriano gran cose; e benché
Vostra Signoria sola è bastante, io mi conosco utile, giunto a lei; e farei
molte dubitazioni non peripatetiche né volgari circa i primi decreti della filosofia.
Dio non vuole: sia lodato. Queste novità di verità antiche di novi
mondi, nove stelle, novi sistemi, nove nazioni ecc. son principio di secol
nuovo. Faccia presto. Chi guida il tutto: noi per la particella nostra assecondamo.
Amen.

Resto pregando Dio per la vita di Vostra Signoria: sia lunghissima a pro
del vero e del bene universale. Amen.

Roma, 5 agosto 1632.

Fra Tomaso Campanella,
vero amico e servo delle sue virtù splendentissime.
[A tergo:] Al molt’illustre ed eccellentissimo signor mio osservandissimo,
il signor Galilei, filosofo e matematico primario del Granduca di Toscana.
Firenze.

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