Tommaso Campanella, Lettere, n. 127

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A MONSIGNOR FRANCESCO INGOLI IN ROMA

Parigi, 25 agosto 1635

Illustrissimo e reverendissimo signore,

io lavoro per la fede in gran cose. Desidero il Reminiscentur fatto per li
missionari, chi tiene il Padre Mostro, e Vostra Signoria illustrissima sa quanto
è utile: non manchi agevolar mi sia mandato. Ho convinto i capi di Calvino, e
tutti ricorreno a san Tomaso come lor fautore, perché l’Alvarez lo tirò a loro
troppo. Io mostrai che non è vero; e però mi bisogna stampare il centon tomistico
De praedestinatione; e ’l medesimo fa con me l’inquisitor di Colonia
della medesima opinione. E quello che stampò la lettera al Cardinal Duca indrizzata,
dove vol provare che Calvino è il medesimo con san Tomaso, restò
confuso da me; e io feci patto di patir ogni pena se non li convinco publice,
pur che, convinti, si facciano catolici. Non vônno accettare il patto. M’accorsi
che son ateisti, però ristampo l’Ateismo trionfato. Trattai con alcuni ministri
convertiti: mi dicono ch’è necessario dir la messa in volgare, perché li ministri
donâro a creder al popolo che noi biastemamo quando dicemo la messa, e
però non volemo sia intesa. Supplico a Vostra Signoria illustrissima che tratti
si possa dir latino e volgare insieme nelle ville; poi sentirete il suono.

Resto al suo comando, e li prego da Dio ogni bona grazia.

Parigi, 25 agosto 1635.

Di Vostra Signoria illustrissima
servitore divotissimo
Fra Tomaso Campanella
[A tergo:] All’illustrissimo e reverendissimo monsignor Ingoli, secretario
della santa Congregazione de propaganda fide, padrone osservandissimo.
Roma, in Cancellaria.

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