Tommaso Campanella, Lettere, n. 88

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A GALILEO GALILEI IN FIRENZE

Roma, 1° maggio 1632

Signor Galileo veramente illustre, ch’illustri il secolo non volgarmente,
mi doglio ch’io solo scarsamente ricevo i vostri favori. Quanto aspettai,
quanto desiai, quanto insinuai a Vostra Signoria fin da principio che trattasse
questo suo sistema in dialogo e che mi facesse parte delle sue osservazioni!
e ancora non sono arrivato, dopo ch’in Roma le han tenute in mano
persone di minor affetto, non voglio dir: e giudicio. E ora sono stampate,
io lo sapevo da filosofi francesi che mi l’hanno scritto; e Vostra Signoria
non si degna avvisarmi né mandarmi un esemplare. Parlai con l’eccellentissimo
ambasciator Nicolini, e dice che verrà uno a lui, e promette ecc.: non
vedo ecc. Io sono quel che più stimo le sue cose e che le giudico
con giudizio più puro d’ogni passione. Contentisi che sia contento, e si ricordi ch’il
mio scritto solo è stampato in sua difesa e non quei d’altri ecc.

Resto al suo comando con ringraziar Dio che sia vivo Vostra Signoria
e io, e che nelle turbolenze del secolo ci è qualche chiaro per noi. A Dio, anima
carissima.

Roma, 1° maggio 1632.

Fra Tomaso Campanella ecc., servitore divotissimo.

Mi piaceria ch’avesse stampato l’epistola prima che li mandai di questa
materia.

[A tergo:] All’eccellentissimo signor Galileo Galilei,
filosofo e matematico dell’Altezza di Toscana. Fiorenza ecc.

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