Tommaso Campanella, Lettere, n. 3

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AL GRANDUCA FERDINANDO I DE’ MEDICI
ALL’AMBROGIANA PRESSO MONTELUPO

Firenze, 15 ottobre 1592

Serenissimo Granduca,

non so ch’interna grandezza d’animo ha spinto Vostra Altezza, non accettandome
per servitore di subbito per osservar il prudente costume di sua Casa,
a favorirme più che servitore e con fatti farmi conoscere quel ch’a pena le
parole dichiarôrno. Laonde m’ho augurato d’averle d’esser gran servitore e
ringraziatone quel ch’è nelle cose e muove le voluntà, alle azioni buone d’aver
conosciuto Vostra Altezza tener con ragion il nome di Grande; il quale
continoamente va più inanzi con quei mezzi per li quali ha incominciato,
conciosia che le cose si conservano con quelle da chi han principio: e queste
sono il valore e virtù, le quali necessariamente rendono superiori i lor possessori
alla communità degli uomini e, non tralasciate, li conservano.

M’ha dato gran testimonianza ancora di questo la libreria di Vostra Altezza,
la qual è stupor del mondo e incredibile a chi non la vede o non intende.
Né ’l re d’Egitto, tanto professore di libri, ebbe mai sì ricca e nobile libraria.

Dio conservi Vostra Altezza con tutte le cose sue. Poich’ho conosciuto
questi suoi, mi n’andrò in Padova, come gli ho narrato, e ad ogni suo minimo
cenno mi farò vento per servirla.

Da Firenze, a dì 15 di ottobre 1592.

Fra Tomasso Campanella
[A tergo:] Al serenissimo Granduca di Toscana.

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