Tommaso Campanella, Lettere, n. 86
A DON FILIPPO COLONNA IN ROMA
Roma, 7 novembre 1631
Eccellentissimo signor sempre colendissimo,
monsignor Montorio non una, ma più volte, trattò meco della lite sopra
l’Abbadia per la differenza dell’800
scudi: e sempre s’ha mostrato dolentissimo
che per tal causa li sia necessario a lui e a tutti suoi, chi sempre fûr
servi fedeli di casa Colonna, allontanarsi. E ne parlò con me e col Padre
maestro Donati. Finalmente crede il detto Padre,
che si possa accomodare
questo negozio con dar a monsignor Montorio il vescovato vacante di
Narni, e lui ceder alla pretensione
dell’800 passati e futuri. E s’è detto
che solo questo vescovato, e non altri, può accommodar il negozio, perché
in
Narni Monsignor ha molti beni stabili, e nella diocesi il marchesato di
Montorio; e può con bona faccia,sendo vecchio, accettarlo, se Nostro Signore
ce li proponesse. Però io supplico a Vostra Eccellenza, come vostro
servo fidelissimo eternamente, che ci pensi e venga subito a negoziarlo, perché
si leva questo interesso, e si
guadagna la servitù continua di questa famiglia
e d’altri con tal esempio; e a casa Colonna conviene aver sequela assai,
e volenterosa. Già parlai con l’eminentissimo Cardinale mio signore e li
piace. Ma aspetta Vostra Eccellenza e
vorrebbe ch’il Montorio chiedesse dal
Papa questo vescovato, e così Sua Eminenza e Vostra Eccellenza poi
l’aiutassero.
Ma il Padre maestro Donati dice, che non è bene che monsignor
vecchio cercasse novi vescovadi; ma che,
proponendoccilo Nostro Signore,
lui dicesse: – Farò l’obedienza, se così piace a Vostra Beatitudine. – Questo
passa
fin ora. Io, come servo, l’avviso e rimetto tutto alla sua prudenza. Avvertendo
che molti cardinali poveri pônno
dimandarlo, et periculum est in
mora. Perciò, se così li pare, può venire.
Le cose del mondo van benissimo tutte; e Nostro Signore mi consola.
Domane verrà il Padre generale: si dice ch’è in
Civitavecchia. Ci son gran
rumori in convento e rebellioni contra il Padre Firenzola. Se Nostro Signore
non provede,
stamo malissimi. Non posso dir più. Veni, Domine, noli
tardare.
Tutti speramo nella sua protezione e pregamo l’Altissimo per la sua
salute e grandezza a beneficio
di tutti buoni e per onor di Italia e di Roma.
Donde scrivo a’ 7 di novembre 1631.
servitore perpetuo e fidelissimo