Tommaso Campanella, Lettere, n. 69

Precedente Successiva

AL PADRE NICCOLÒ RIDOLFI IN ROMA

Napoli, 20 agosto 1625

Reverendissimo padre e mio signore colendissimo

Stavo aspettando l’esito della Consulta e aiuto di Vostra Paternità reverendissima
in beneficio di me servo accettato e favorito di tutta casa sua circa
il negozio della messa, la quale non solo mi saria di gran rilevo appresso la
maestà divina, ma anche appresso questi signori, che mi tengono da che ha
permesso Domenedio ch’io fossi «traditus in animas inimicorum», che si scusano
dicendo «Gens tua et pontifices tui tradiderunt te mihi», quando restan
convitti e confessi che mi tengono contra ogni legge divina e umana, e
pur aggiungano, quantunque «non invenio in eo causam», etc. Io cercai la
licenza e l’illustrissimo cardinal Rodolfi b[onae] m[emoriae] mio signore l’ha
negoziato, e la morte del santo papa Gregorio XV s’oppose a questo, e alla
venuta mia in Roma, come trattava l’illustrissimo Ludovisio. Ma questa manera
che dice Vostra Paternità reverendissima, che mi basta la fede del S. Officio,
ch’io non fussi mai privato, viene confirmata dalla legge canonica e civile:
«Quod non est mutatum, cur stare prohibetur?» Però m’ammiro della
crudeltà di costoro, ch’affliggono l’afflitto in loco di consolarlo etiam in quel
che non è grazia, ma aperta giustizia, da farsi anche a barbari e inimici.

La prego, dunque, per amor di Dio e del p. san Domenico, e per l’onor
della religione, e vita e gloria di tutti li signori suoi fratelli, che non m’abbandoni
in questo c’ha cominciato, almeno perch’il biasmo evangelico in
lei non cada.«Hic homo coepit aedificare, et non potuit consummare».
Dopo questo la riprego, che miri con l’occhio di giustizia perfetta e avveduta
più nel negozio di libri, e non seguiti la consuetudine cominciata da’ nemici,
e non intendenti. Sa bene che quando io fui preso con titoli tanto dissonorati,
e dato ad inimici contra li canoni e legge naturale, non si trovava
stampa di libri miei, se non uno in Napoli, adversus eos qui non duce natura,
sed proprio arbitratu philosophati sunt, 8 anni avanti ch’io fossi preso, nel
1590, e fu difeso da me in Roma contra alcuni murmuranti, e lasciato passare.
Ma incorrendo nella disgrazia, ch’ancor dura, fu proibito non dal
S. Officio né dalla Congregazione dell’Indice, ma dal padre Brisichella in
quel tempo Maestro del Sacro Palazzo, non per la dottrina, ma solo per il mal
nome, con che fui preso con tanta furia, «et nisi quia Dominus erat in nobis,
forte vivos deglutissent nos», e dice il suo testo: «Thomae Campanellae
tolluntur opera omnia». E Dio sa che non fe’ bene, condannar inaudito
e tribulato me, avanti che si veda la causa della tribulazione, né del libro,
pur giudicata avanti in favor mio in Napoli e in Roma due volte, e poi in
tutti l’Indici fatti a tempo di Clemente VIII e di Paulo V e di Gregorio
XV non fur nominati li scritti miei. Anzi in quel di Gregorio XV s’annullano
tutti l’Indici non fatti in Congregazione dell’Indice. Laonde io stimai che
non valesse quella proibizione del p. Brisichella contra il giudizio precedente
di tanti padri in Napoli e in Roma etiam nello Santo Offizio, dove fui esaminato
sopra quel libro e l’altro De sensu rerum, e ammesso, e nella Congregazione,
dicendo il cardinale Bellarmino ch’io era proibito, e però non volea
ricever i libri del Reminiscentur, fu risposto ch’io non era proibito, e però
fur ricevuti, come mi scrisse il padre Madaleni allora [Maestro del] Sacro
Palazzo, e contra il giudizio subsequente in tanti Indici sotto a tre sommi
pontefici, e più per l’espressa menzione di Gregorio XV, e in Napoli alle
porte delle scole pubbliche io non son posto con li proibiti.

Ma ora vedo ch’alcun della Congregazione non volle dar licenza a Tiberio
Carneleva medico di leggere i libri miei e che Vostra Paternità reverendissima
non solo delli stampati, ma anche delli manoscritti non ancor dati in
luce, ha fatto scrupulo a Gio. Carlo Coppola, alunno della nostra Academia,
del che restai ammirato, primo perché non si segue il giudizio fatto sotto
altri pontefici; secondo, perché, secondo li canoni e Scrittura sacra, non si
può proibire quel che non s’è esaminato e visto, perché questo non saria
giudizio, ma pregiudizio di quel ch’averia appresso a giudicarsi, e come s’ha
nelli canoni Domene Dio, per insegnarci questo, con tutto che sapesse ogni
cosa avanti, pur disse:«Descendam et videbo utrum clamorem opere compleverint»,
e non condannò Adamo, se non prima interrogato ed esaminato
da Sua Maestà, e altrove è scritto: «priusquam interroges, non iudices
quemquem, et ubi interrogaveris corripe iuste», etc. E però assai m’ammiro
di questa afflizione, qual non merito, non essendosi visti li scritti miei, e
tanto più ch’io ho letto la Scrittura santa, e le glosse, e tutti concilii e canoni,
e padri, e ho filosofato sopra le cose stesse nel libro di Dio ch’è il mondo, e
non nelli libri umani, e intendo bene poter esser giudice di me, non perch’io
sia retto e spirituale, secondo dice Aristotele: «rectus est iudex sui et obliqui»,
e l’Apostolo: «spiritualis omnia iudicat, et ipse a nemini iudicatur»,
perché non ho queste perfezioni in me; se ben Domene Dio mi pose in luoco
che m’astringe ad acquistarle; ma mi conosco avere sempre studiato per
saper verità, e non per crescer di robba e di reputazione, e m’è avvenuto
quel che dice l’Ecclesiastico al 4 delli sequaci della vera sapienza: «Timorem
et metum et probationem inducet super illum, et cruciabit illum in tribulatione
doctrinae suae, donec tentet eum in cogitationibus suis, etc. et denudabit
absconsa sua illi» etc., e però ho riformato tutte le scienze secondo la
natura e la scrittura per deviar li scolari dalli gentili, come il Concilio Lateranense
desidera, e santo Tomaso cominciò, e per la malizia del secolo non
ha potuto levar l’ateismo d’Aristotele averroistico secondo santo Vincenzo,
e la lista di libri miei li mostra quel ch’il Senno eterno mi fe’ fare in questi
guai. Però non ha a mirare alcuno, «quia saepe expugnaverunt me a iuventute
mea», ma che «non potuerunt mihi», e se ben fui peccatore, non però
«de illis qui in labore hominum non sunt, etc. ideoque tenuit eos superbia»:
perché «fui flagellatus tota die et castigatio mea in matutinis iuventutis
meae», etc. Però proibirmi solo per questo, che son carcerato, non può
l’uomo, se non chi pensa che solo li tristi son tribulati al mondo, contra Salomone
dicente: «Vidi iustos quibus mala proveniunt tanquam opera egerint
impiorum; malos autem qui ita securi sunt ac si bene egissent», e tutti
li profeti e gran filosofi e apostoli moriron con questa accusa: «Bene dixit
Deo et regi», come si legge nella Bibbia e nell’Apologia di Platone e Senofonte,
e la sapienza di Dio incarnata, «quia samaritanus» etc., «contradicit
Caesari» etc., «se regem facit», etc. Queste cose le dico non per Vostra
Paternità reverendissima, che le sa e ama il servo suo in caritate Christi, verbo
e ragion di Dio, donde tutti semo razionali, ma perché quando mi difende
abbia in pronto la mia ragione, senza pensare e senza tralasciare li pensieri
suoi altissimi e negoziosi per tutta la repubblica cristiana.

Dunque per amor di Dio almen dichiari Vostra Paternità reverendissima
che per regulam iuris poenalia sunt restringenda, e però non si comprendono
li libri manuscritti, e non esaminati nella proibizione, quando pur non volesse
dichiarare invalida la proibizione del padre Brisichella, invalidata s’io
ben leggo pur sotto Gregorio XV apertamente e da tutti Indici, che poi non
mi nominaro. Resto al suo comandamento, e prego il Signore per la sua salute,
e gloria in terra e in cielo. Amen.

Dal libro che mando a Sua Beatitudine può Vostra Paternità reverendissima
pigliar occasione di farmi ristaurare l’onore non per me, ma per la santa Chiesa
per cui ho faticato nelle tribulazioni mie per divino instinto non volgarmente, e
quando vorrà tutti libri miei, li potrà avere e vedere se senza Dio son fatti, ma
se verrò in Roma, assai più. Et in questo s’opri, et Dominus retribuet pro me.

Napoli, 20 d’agosto 1625.

Di Vostra Paternità reverendissima
servitore divotissimo
fra Tomaso Campanella de’ Predicatori

Precedente Successiva

Scheda informativa

Schede storico-bibliografiche