Tommaso Campanella, Lettere, n. 150

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A PAPA URBANO VIII IN ROMA

Parigi, 28 ottobre 1636

Santissimo Padre,

«usquequo, Domine, oblivisceris mei in finem?»: io, che servo a Vostra
Beatitudine nel secolo presente e nei futuri, non solo stendendo, ma anche
amplificando gli onor suoi nella memoria universale, son uscito dalla memoria
di Vostra Beatitudine in manera che mi lascia morir di fame e di scommodità,
son diece mesi, sapendo quanto son poco durabili le proviste di questo
paese. Né però l’incolpo, vedendo che non si provede alla somma delle
cose con aver venti million d’uomini e ventisette million di scudi, e questo
anno arrivâro a trentacinque; e più pane e vino e carne che non ha il resto
d’Europa cristiana in queste tre cose, idest denari, uomini e pane; e pur
ecc. Provedami dunque Vostra Beatitudine, come fa a tanti altri intra e fuor
d’Italia: né pur son inutile a santa Chiesa, avendo ridotto li dottori e li prìncipi
all’obedienza di Carlo Magno omai: almen così confessano. Dio perdoni
a chi osta ecc. E pur il libro stampato in Iesi, che senza rumori può facilitar
questo effetto dall’antico costume di prìncipi, per gusto e soggestion di calunnianti
sta serrato, e li libri nemici del papato aperti, finché venga la commodità,
come han la voglia, di pigliarsi tutti beni temporali della Chiesa e
Roma, come fecero in Settentrione: ché sol per questo dogma fu lasciato predicar
Lutero. E quel che fo in Francia e in Anglia contra eretici e mal catolici,
Vostra Beatitudine d’altri può saperlo, benché il Ridolfi scrive contra me a
tutti e fa che questi riformati siano spioni suoi per riferir a chi egli adora,
come potrà saper dal mio responsale per mezzo del signor Conte.

Di più, la prego che mi faccia dar le censure che Rodolfi contra conscienza
fe’ fare in Roma contra il mio libro De praedestinatione, che solo con le parole
di san Tomaso chiare, e finora contrafatte da loro, risolve gli argomenti di nemici,
a’ quali dopo cento anni non s’è con verità e sicurtà sodisfatto; onde li
santi pontefici fûr astretti far decreti che non si predichi né se ne disputi in
publico: segnale che in ciò non era ancor chiarita quella dottrina che Gesù
Cristo ordinò sia predicata nei tempii, nelle piazze e nei tetti, come si può
far ogge con questo libro a fronte scoverta. Se Vostra Beatitudine in ciò mi
lascia opprimere, subito seguirà il mal frutto di tal opinion alla Chiesa. Perché,
se Lutero ha vinto in dire che Dio con decreto invincibile ante praevisionem
meritorum et demeritorum
, a capriccio, altri ha predestinato, altri reprobato,
onde nissuna opera nostra vale a mutar sorte né grado di sorte, sendo l’opere
anche predeterminate, anzi fatte con noi da Dio efficacemente per arrivar al
graduato fine della predestinazione e reprobazione immutabile: e li nostri tutto
questo concedeno, e sfuggon solo dicendo che noi avemo la libertà di far
bene e male, ma con tutta quella pure andremo infallibilmente al fin della predestinazione
e reprobazione, benché in sensu, dicunt, divisopotrebbe esser
che no; ma però mai non potrà succeder altrimente, perché non si può mai
l’uomo trovarsi in sensu diviso da questo decreto, né Dio può dividerlo, né
si trovò né troverà alcun diviso; onde séguita a ogni modo quel che Lutero
affirma e, di più, che l’opere pie verso la Chiesa, predicate da papisti, son
pie fraudi per arricchirsi, mentre queste opere non pônno farci mutar sorte.

Dunque, per levar questa fraude predicata da loro, si deven ritôrre a forza
li beni temporali dal papato. O Padre santo, non si può comandar al zoppo
che camini bene, se non se li concian le gambe. Né Vostra Beatitudine
averà mai l’obedienza dai cristiani teologi e potentati, se le gambe delle
scienze non si risanano. «Nunquid resina non est in Galaad?» ecc. Vostra
Beatitudine mi faccia mandar le censure e vincerò, perché sostento la causa
di Dio, che non è tiranno che ci condanni a capriccio, e di santa Chiesa, che
non c’inganna ecc.; si ricordi che nell’ode del Penitente ciò scrissi, e Vostra
Beatitudine mi consolò, e con il conte di Brassach, che di ciò e d’altro assai
loda Vostra Beatitudine. E io prego Dio la conservi ad dies Petri, come ho
visto qua in una profezia: se mi dà licenza, la manderò e l’avviserò cose del
mondo. Aspetto la lemosina e la censura.

Parigi, 28 ottobre 1636.

Di Vostra Beatitudine
servo fidelissimo sopra tutti
Fra Campanella delle glorie vostre ecc.

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