Tommaso Campanella, Lettere, n. 42

Precedente Successiva

AL GRANDUCA COSIMO II DE’ MEDICI IN FIRENZE

Napoli, 11 maggio 1614

Serenissimo signore e padron mio colendissimo,

gli occhi de tutti filosofi del mondo oggi son rivolti a Toscana, ammirando
e spettando nove dal cielo per li stromenti virtuosissimi che adopra Vostra
Altezza, la quale non solamente supera gli avi suoi, ch’hanno introdotto
in Italia la filosofia platonica e tant’altre scienze e fumentato tutti sapienti
d’Europa, ma di lunga li supera in mare, in terra e in cielo con grande gloria
e meraviglia del secol nostro: e quel che più importa, fa conserva de li scritti
de’ maggior virtuosi che si ritrovano. Per questo io pur, che sono inamorato
de la scienza e opere meravigliose e de la gloria d’Italia, mi son mosso a dedicarmeli
per vero servitore e avertirla che, quantunque Vostra Altezza abbia
appresso sé scritti meravigliosissimi, non potranno arrivare a quelli di fra
Tomaso Campanella, sustanzialmente parlando, si bene in qualche accidente
gli altri mostrassero maggior ammirazione. Perché questo Padre son quindici
anni che sta carcerato per la calumnia antiqua fatta a’ grandi profeti, filosofi
e apostoli come pur Platone difendendo Socrate afferma, nonché tutta
la sagra Scrittura; e di più avendo il Re e il Papa ordinato che sia spedito de
giustizia, la qual esso dimanda e non grazia, di reo fatto attore, è provato
inocentissimo; come tutto il mondo sa: ma l’invidia de’ Farisei e l’avarizia
de chi s’agrandì de queste sue imposture appresso l’ingannato Re l’impediscono
l’espedizione, gridando: «Si hunc dimittis, non es amicus Caesaris!».

Per questo io con buona fronte supplico Vostra Altezza, che non lasci
perder tanto tesoro, ché tali scritti vanno in mano de molti, che se li vanno
usurpando e vorriano che mai vedesse luce l’autore: che si degni scriver subito
in Napoli a chi le piace, che tratti col padre prior de San Domenico,
maestro Serafino de’ Rinaldi, gran teologo e filosofo, fautore del detto Campanella,
che ne facci le copie corrette di mano propria de l’autore e le mandi
in Fiorenza al refugio de tutte le muse e conserva de tutte le virtù, degna di
esser ornata di questi ancora, che avanzano di lungo tutti gli scrittori antiqui
e moderni. E perché conosca l’animo cattolico e saggio de l’autore, l’invio la
lista de’ suoi libri e insieme le promesse mirabili fatte alla santa Chiesa e al Re
Cattolico per beneficio del Cristianesimo, de li quali impediscono la prova
ed esecuzione alcuni prìncipi farisei, inimici de virtù; e supplico che si adopri
per via del reverendissimo Padre Generale e altri prelati, che l’autor venghi
in Roma, o che almeno sia inteso qui dal Viceré con l’orecchie proprie, del
che nissuna cosa più temeno l’adversarii, con falsi suspetti agirando la mente
ottima del Viceré, chi desidera agiutarlo e non osa, come Pilato, e ogni dì
dice volerlo fare. Mi par questa ottima via, senza che Vostra Altezza scopri
il suo disegno con li regii, onde gli adversarii fumentassero più suspetto: ma
di tutto me rimetto alla saggia prudenza de Vostra Altezza e li raccomando la
causa de l’oppressa virtù e non la difesa de li vizi, perché quella e non questi
sono odiati nella raccomandata persona. Resto prontissimo al servizio di Vostra
Altezza come suo sviscerato servitore, il che vedrà ogni volta che si degnerà
comandarmi. Il Signor Dio la conservi per beneficio del mondo.

Di Vostra Altezza serenissima
umilissimo e devotissimo servitore
don Fabrizio Serrano e Leyva,
conte di Casaldoni.

Da Napoli, li 11 di maggio 1614.

Frutti della tribulazione di fra Tomaso Campanella offerti alla Chiesa di
Dio e al Re Cattolico, dimandando che li sia fatta giustizia dopo quindeci anni
di prigione e data commodità di metterli a luce per benefizio universale,
dopo che sarà conosciuto per innocente della calunia antica in lui renovata:
«Benedixit Deo et regi»; e perdonarà a’ calunnianti, chi fûro causa di questo
bene, quantunque avanti avanti nato e dopo per essi maturato, come nello
Ecclesiastico (IV) è scripto: «Timorem et metum» ecc., «Qui legit intelligat».

1. In primis promette palesare quattro evidentissimi miraculi nell’università
delle cose per corroborazion della profezia evangelica e confusion di
Gentili ed eretici e macchiavellisti, per li quali siano stretti li miscredenti venir
alla fede, e tra’ cattolici la morta fede si raccenda e sia manifesto a tutte
nazioni che li segni «in sole et luna et stellis», chi a tempo di san Gregorio,
sendo passati gli altri, credeva lui e altri sancti con veraci raggioni esser
prossimi, mo esser presenti nel nostro seculo, perché il giorno del Signore
non ci colga come ladro di notte ancor noi, a’ quali fu dato il segno per vigilare
con quelli che dormeno nell’incredulità e ignoranza delli giudizi divini,
secondo san Paolo (1 Tess., 5), onde seguirà frutto tanto, che dalli apostoli
in qua non si vide il simile ecc.

2. Secondo: palesar una certa cospirazion di teologi, astronomi, filosofi e
prìncipi e altri scienziati fatta ad oscurar la verità evangelica, come predisse
san Pietro, che in questo tempo aveano a dire: «Ubi est promissio aut adventus
eius? Omnia ex quo dormierunt patres perseverant sicut ab initio
creaturae»; la qual cospirazione palesata, è fatto veder che non perseverant
sicut ab initio, come dicono li macchiavellisti e quei che eternano il
mondo e alcuni che delle presenti disorbitanze rendono non causa per causa
e princìpi finti presuppongono con Aristotile, Timocari, Ipparco, Menelao,
Tolomeo, Albategno, Arzachele, Profazio, Alfonso, Regiomontano, Copernico
e Ticone, li quali ben osservano il cielo, ma pravo giudizio fanno
senza la scienza divina e senza le chiavi della Scrittura e della natura e senso
de l’Autor universale, che disse: «Adhuc modicum movebo coelum et terram»,
e poi, incarnata la sua Sapienza, disse: «Virtutes coelorum movebuntur»
e d’allora in qua s’avvicinò il sole a terra per brugiarla e li equinoziali
e solstizii sono anticipati, come la riforma pur del calendario testifica, e le
obliquità di moti ristrette le figure celesti permutate e altre varietà mirabili,
le quali non fûro avanti, come Pico malamente contra li Caldei, de inerzia
condennandoli, asserisce; quindi seguirà a gran stupore e meraviglia della
verità cristiana e la conversion delle nazioni, poiché li Giudei, Macomettani
e Gentili e Cristiani accettano questi portenti, ma non advertiscono che
questi sono i segnali predetti da chi può, perché Abaddon, negro angelo,
sotto il quinto sigillo uscito dall’abisso, ci va cecando, e Cristo mostrò segno
universale per advertirci nell’anno 1572 con la nova stella, non data
agli angioli né alle bestie per segno, né agli uomini, né fatta a caso e senza
fine da l’Autor della natura, che né una ogna senza fine produsse: quanto
più sì gran mole di consistenza; né senza gran fine, ma per più advertirci,
l’amoroso Padre Dio ci donò il telescopio del Galileo ecc.

3. Terzo: dar un volume esser presente la pienezza del
tempo quasi predetta ad Abramo, «ut heres esset mundi», e che, dopo
lunghe turbazioni e avversità del genere umano, nate dalla discordia de’
principati e religioni, s’ha de riunir tutto sotto una monarchia de una legge
vera in una greggia e un pastore, con quella felicità che i poeti cantano del
seculo aureo e gli filosofi scrivono de statu optimae reipublicae ancor non
vista, e gli profeti di Gierusalem liberata dalla captività babilonica, e li
sancti diranno orando «ut fiat voluntas Dei in terra sicut in Coelo fit»,
e tutte le nazioni aspettano, come dimostrarò per la sagra Scriptura e santi
Padri e filosofia naturale e politica e per l’astrologi e per consenso universale
in cielo e in terra, la quale sarà un preludio della celeste, e con la concordia
di Padri discordanti, mostrando che nissun di loro ha errato, si non
per la falsa cronologia di settantadue interpreti, depravata da’ scrittori.
Nel medesimo libro si mostra che al Re Cattolico, idest universale, come
braccio del Messia («cuius legem insulae expectabunt et brachium meum
sustinebunt», disse Isaia), per l’invenzion del Mondo Novo appartiene
come a mistico Ciro questa republica congregare e di tutto il mondo far
un tempio a Dio del Cielo, e poner il continuo sacrifizio, come or si fa
nel suo imperio girante col sole in ogni momento; Quinci fia che tutte
le genti desiderino, non solo il sancto Pontefice, questo, e s’affaticano perché
sia presto, poiché dove inchina la commune utilità e la profezia dei
savii, inchina anche l’imperio, come i politici ancor sanno, benché ignari
delle scienze divine. E questo articolo non pugna col primo, come pensano
molti, della raggion de’ tempi mal dotti ecc.

4. Dar al Re Cattolico un meraviglioso libro, dove si dimostra con politiche
e profetiche maniere la via facile a questa monarchia di sancti e si scoprono
più errori, che hanno tardato il corso del suo imperio; e che, se lui
non macchiavellizzarà con la Chiesa, non potrà cosa alcuna defraudarlo
di tanta gloria ecc.

5. Dar un altro volume contra le sette di Gentili orientali e americani,
dove si mostra che ogni mediocre ingenio possa convincerli per la raggion
commune e princìpi proprii di ciascuna setta, poiché non credono ad autorità,
e con mirabil maniere dissipar le sette e principati loro e tirarli alla fede
efficacemente ecc.

6. Un altro volume contra macchiavellisti, peste del presente secolo e
della monarchia cattolica, mostrando quanto errano nella doctrina dell’anima
e in pensar che la religione sia astuzia di Stato, in modo che non possa
ostinato sofista alcuno rispondere all’efficacia e novità delle ragioni, e scoprir
per raggione e per tutte l’istorie che quanti han tenuto questa lor dottrina
ci han perduto lo Stato, la fama e la vita, subito in sé o nelli successori
immediatamente: e che necessariamente tal setta fa li prìncipi tiranni e i popoli
sediziosi più che nel Luteranismo ecc.

7. Settimo: dar un altro libro, col quale si possino i Luterani e Calvinisti
e tutti settari convincere alla prima disputa d’ognuno, e mostrar che il modo
finora tenuto con loro è un allongar la lite per logica di Gentili e non di Cristo,
il che è spezie vittoria a chi mantiene il torto ecc.

8. Ottavo: promette andar in Germania (lasciando per ostaggi cinque di
suoi consanguinei in priggione) e convertire alla fede catolica dui almeno di
prìncipi protestanti, e fra quindici mesi tornare con l’ambasciator della pace,
e prima dimostrare al santo pontefice usque ad satisfactionem come io
per grazia di Dio posso questo fare, quantunque sgridino i fratelli di Davit
quando s’opponeva contro Goliat ecc.

9. Nono: dopo questo, far cinquanta discepoli armati di raggioni, istorie,
autorità, riscontri e desiderio di martirio, e mandarli a predicar in Germania
contra li eretici, e sbatter la autorità d’eresiarchi certamente in quel paese,
e l’iminente lor ruina dimostrar in cielo e in terra, e come ogni setta che nega
Dio, o la providenza, o l’immortalità dell’anime, o il liber arbitrio, tosto
ruina, e distrugge se stessa e la propria politìa, e riceve ogni novità, o torna
alla primiera religione; e qualmente essi si dechiarano vinti con l’inconstanza
e discordia tra loro: ma noi non sappiamo ricoglier il frutto della vittoria
ecc.

10. Decimo: promette insegnar filosofia naturale, morale, politica, medicina,
cosmografia, astrologia, poetica, rettorica, in spazio d’un anno, ad ogni
ingegno atto ad imparare, con mirabil modo, facendo che il mondo sia libro
e memoria locale, talché questi discepoli siano più dotti e risoluti d’altri versati
otto anni nelle scole communi, e più certi e dotti nella verità delle cose
che nell’arguzia di parole, e attissimi alle scienze divine.

11. Undecimo: rifar le scienze naturali e morali tutte secondo la sagra
Scrittura e santi Padri, perché li scolari si distolgano dai libri di Gentili,
che son la zizzania sopra il seme evangelico, di modo che tali libri avanzino
assai Platone e Aristotile e altri Gentili in facilità, brevità, verità, certezza,
ragioni, sperienze e oraculi divini, per confession di chiunque l’esaminerà
piamente e con senno, e di san Tomaso stesso, perché li Gentili sono stati
introdutti nelle scole cristiane, dice san Tomaso (pars prima, quaest. I, et in
opusculo ad Ioannem Vercellensem), come testimoni contra di sé stessi solo
e d’altri Gentili: e or non solo son fatti testimoni anche contra noi, ma
precettori e giudici nella scola di Cristo, e di loro è nato il machiavellismo
e l’officina di tiranni e di mal Cristiani, et ancilla superbit contra dominam
teologiam. Per questo: «Eiice ancillam», dicit Dominus, come desiderò il
Concilio Lateranense sotto Leon X; e perché li figli d’Israel già «ex parte
Iudaice et ex parte loquuntur Azotice», bisogna «abiicere uxores alienigenas»
con Esdra, idest «scientias gentium», dice Origene, e pigliarne delle
figlie di Sion, perché anche non sempre c’insulti Giuliano Apostata e
Macchiavello, che li Cristiani, professando aver Cristo, Sapienza d’Iddio,
pur mendicano le scienze delli Gentili. Né sia maraviglia si san Gerolamo
dopo li Settantadue, fa nova interpretazione e vince contra il parer de tanti
dottori ecc.

12. Duodecimo: promette far nuova astronomia, già che tutto il cielo è
mutato, e figurar ne le stelle antartiche li conquistatori del Mondo Novo,
come fecero li Caldei e Greci nel nostro emisfero, con gloria di nostri, e insieme
scoprir li sintomi della morte del mondo per fuoco, con san Pietro,
contra gli astronomi e fisici erranti, perché la fazion de l’Antecristo, che
già si prepara al gran giorno, non prevaglia sopra l’esercito di Cristo, che
similmente in questa età rifiorisce, il che poi considerano, e patiran quel
che li Giudei nel primo avvento. Né si potrà far mai calendari perpetui, e
questo fece Iddio perché, dalla cita mutazion astretti, contemplassimo
sempre li giudizi divini in cielo e vigilassimo ecc.

13. Promette aprir una porta facile e mirabile per li Giudei e Macomettani
alla fede, e scoprir Macometto Antecristo per più certi segnali, da cui
ha di nascer quel ultimo corno nefandissimo, che ricapitulerà le sceleragini
di tutti malvaggi, a cui Lutero e Calvino per vere profezie e segnali si mostrâro
precursori quasi in tutti dogmi: ed essi anche adorano dio Maozin,
tiranno predestinante a vita e a morte senza meriti, a capriccio e per forza.
Quindi cessarà l’ammirazion de’ politici scandalosa della molta possanza e
imperio macomettano ecc.

14. Quartodecimo: darà un libro di Discorsi a’ prìncipi d’Italia, che per
ben commune non devono contrastar a l’imperio spagnuolo, altramente ci
è pericolo de esser divorato de infidele, come Gierusalem da’ Babiloni; e
in che modo essi, facendo un colleggio in Roma, si pônno difender dalla gelosia
che hanno di Spagna, e farsi invitti contra le nazioni contrarie, e aiutarsi
con Spagna senza paura; e un altro libro al sommo pontefice per far
una greggia e un pastore, ancor che tutti i prìncipi repugnassero, con mirabil
arte cavata dal succo de l’Evangelo.

15. Quintodecimo: promette accrescer l’intrate di Napoli a centomila
docati sopra l’ordinario ogn’anno, con gloria del Re, utilità e augumento
di vassalli, stirpando vizi e gabelle poco giuste e piantando virtù e modi facili
e giusti di guadagno buoni per tutti. E questo pônno fare tutti i prìncipi
pro rata nei regni loro ecc.

16. Sestodecimo: edificar una cittade salubre e inespugnabile, e con tal
artifizio che da lei, mirandola, si possino imparar tutte le scienze reali istoricamente
ecc.

17. Di più, promette le seguenti cose come probabili, per gloria di tal
monarchia:

Primo: far che li vascelli senza vento e senza remi navighino facilmente;
ed è possibile, s’i molini col vento e li spiedi col fumo si voltano, e li fulmini
s’imitano con le bombarde, contra il giudizio di tutta l’antiquità ecc.

Secondo: far che i soldati a cavallo adoprino ambe le mani e guidar bene
il cavallo meglio che i Tartari ecc.

Terzo: far che le carra caminino tirate dal vento meglio che non si usa
nella China in luochi piani ecc.

Promette finalmente queste e altre opere farle intra venti mesi, poiché
già son fatte assai, e le certe certamente, le probabili probabilmente, senza
errore, adulazione o senso stirato, confermate con ragioni, autorità divine e
umane de’ più savi del mondo e sperienze; e risponder ad ogni contradicente
usque ad satisfactionem animi ecc.

E perché si veda che questi erano li studi di esso Campanella come di
filosofo amante del publico e non come di rebbellante per ambizione, aliena
da ogni animo studioso, si pone qui l’indice de’ libri fatti avanti che fosse
carcerato e da poi, quali sottopone alla correzione di santa Chiesa e dell’illustrissima
sua religion Dominicana ecc.

1. Della monarchia di Spagna un volume per il suo acquisto e conservazione,
con regole salde, utili e sancte ecc.

2. Il Panegirico a’ prìncipi d’Italia per la medesima monarchia, secondo
il quartodecimo articolo delle presenti promesse ecc.

3. Un trattato De iuribus Regis Catholici in Novum Orbem ex repromissionibus
Messiae per altissimam theologiam, contra doctores aliter adulantes
vel contradicentes ecc.

4. La tragedia della Regina di Scozia in favor de Spagna contra l’Inglaterra
ecc.

Li predetti libri volendo io presentare nelle difese, il Fiscale non volle e
mi serrò le porte e fenestre e fe’ diventar pazzo nell’anno 1600.

5. Un altro volume Della monarchia di Cristiani, politicamente, a’ prìncipi.

6. Un altro Della monarchia del Messia in spirituale e temporale, teologicamente,
e de gladio in femore et ore ecc.

7. Del governo ecclesiastico un libro al santo papa per far una greggia e
un pastore, benché ognun ripugnasse.

8. De republica libro uno.

9. Aforismi politici duecento.

10. Contra Luterani e Calvinisti e settari in dialogo per convincerli a prima
disputa, secondo il settimo articolo di queste promesse, ecc.

11. Atheismus triumphatus contra Macchiavellismum et antichristianismum,
secondo l’articolo sesto, e contra la radica di tutti settari, in particolare
di Macomettani e Talmudisti.

12. De rerum universitate iuxta propria principia libri 20, imperfetti.

13. Epilogismus philosophiae naturalis, moralis et politicae, latine et italice,
e due altri compendi varii.

14. Quaestionum supra praefato Epilogismo libri 3 contra omnium philosophorum
sectas antiquas et modernas, pro philosophia patrum stabilienda.

15. Libri quatuor De sensu rerum et magia, mirabiles in arcanis naturae
reserandis et veritatibus et vanitatibus magorum pronoscendis.

16. De investigatione rerum libri tres, quos iam transfudi in Logicam novam
et partem primam Metaphysicae.

17. De insomniis liber unus per veram philosophiam.

18. Polemicae philosophiae libri octo pro Bernardino Telesio contra Peripateticos.

19. Apologiae duae, pro philosophis Magnae Graecia et altera pro Antonio
Persio.

20. De origine venarum, arteriarum et nervorum et de facultatibus Apologia
contra Galenistas, ecc.

21. De medicina libri duo ex propriis principiis, ecc.

22. De philosophia Pythagoreorum libri tres in versu latino Enniano, ecc.

23. De motibus astrorum libri quatuor contra astronomos et philosophos,
et de symptomatis mundi per ignem perituri, et quod kalendaria oportet instabilia
perpetuo esse et coeli anomaliis renovari, ecc.

24. Philosophia rationalis libri 5, ubi Dialectica, Rhetorica et Pöetica et
Historiographia iuxta nostra dogmata traduntur.

25. De Metaphysica partes tres et libri 15, ubi de radicibus et robore scientiarum
et defectus, etc., et de primalitatibus entis constitutivis, Potentia, Sapientia
et Amore, similiter et non entis, et de illarum obiectis et influxibus
magnis, idest Necessitate, Fato et Harmonia, etc. De principiis et finibus entium
et systematis magnis, de veritate religionis et sectarum erroribus, de reversione
ad Deum, de angelis et ideis, unde maxime pietas christiana elucescit,
et concordia codicis naturae et Dei et artium et politiarum, et quod prisci parum
metaphysicam intellexerunt, sed in dialecticam degeneraverunt, etc.

26. De eventibus saeculi praesentis usque in finem et de Antichristo, iuxta
prophetiam divinam et humanam et omnes scientias, per claves naturae et
scripturarum.

27. Tractatus duo: Cur philosophi et prophetae quasi omnes, praecipue in
magnis articulis temporum, violentae subiaceant neci tanquam impii et rebelles,
ac postmodum oppressore mundo cultu et religione resuscitantur, etc.

28. La Cantica in libri 7 di varie rime italiane e anche fatte con misura
latina ad amici, regni e republiche del mondo scripte, e una salmodia nova
e canzoni recondite, ove si scopreno gran misteri fisici, metafisici e politici
in laude de l’Autor de l’universo.

29. Pro Thomistis contra Molinam art. 50, etc.; sed, postquam legi sanctae
Brigidae Revelationes, mutavi sententiam et agnovi oportere contra Lutherum
chrysostomizare, contra Pelagium augustinare, etc.

30. Theologicorum libri 5, cioè: de Deo, de santa Trinitate, de creatione,
de homine et de angelis, con speranza di finir tutto il corpo di teologia novo,
necessitato a rinovar questa scienzia per l’invenzion di novo cielo e nova terra,
e delle disorbitanze celesti, e di tante eresie e Talmutisti e Macomettani e
novi gentili, contra li quali si disputa, ecc. E i padri antiqui, per mancamento
di queste novità, lasciaro de dire assai cose e, per non sapere con ogni
scienza disputare, paion all’infideli defettosi, ecc.

31. De iudiciis astrologicis secundum veram philosophiam et theologiam
libri 6, che avanzano l’antiqui assai.

Non desunt alia opuscola pedestri et equestri oratione condita, in ogni materia,
ecc.

[Napoli, primi di maggio 1614]

Precedente Successiva

Scheda informativa

Schede storico-bibliografiche