Tommaso Campanella, Lettere, n. 8

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A MONSIGNOR GUGLIELMO BASTONI,
NUNZIO APOSTOLICO A NAPOLI

Napoli, luglio-agosto 1606

Nota de’ libri composti dall’autore, mandati fuora, quantunque dica da farsi.

In primis, prometto far un libro, nel qual si mostra che è venuto il magno
articulo di secoli, in cui s’ha da compire la promessa di Abramo, che
sarà erede del mondo tutto, e che già sarà una greggia e un pastore sotto
una monarchia felicissima nel fin de’ scompigli umani, aspettata da’ savi
di tutte le nazioni del mondo, profetata da’ profeti, cantata da’ poeti per
secol d’oro e antevista e desiderata communemente; e che il re di Spagna
sarà congregator principale di questa monarchia cattolica universale; e far
che tutte le nazioni, anche infideli, inchinino a volerlo e sian forzate a crederlo,
ché, dove inchina la profezia e il desiderio commune, per natura inchina
l’imperio. Questo dimostrarà con la sacra Bibbia e santi Padri, e con
tutti i sapienti d’ogni setta, e con i più savi astrologi dell’universo, e nel corso
celeste e mutamento di tutta la natura superiore: e scoprirà secreti
mirabili per la verità del Vangelo, non intesi o dissimulati dalli sapienti,
che raccenderan la morta fede, estirperan l’inimici occulti e manifesti e ammorzaranno
l’invidia de’ prencipi. E lo farà in due mesi.

2. Far un libro secreto al re di Spagna, dove si mostra il modo d’arrivar a
questa monarchia con facilità e presto, benché altri repugni, e che non può
perderla, se non permettendo, e scoprir molti errori che tardan la fortuna
del suo impero; e un libro al Papa, mirabile per menarla innanzi facilmente
e saviamente; e far prove non viste né pensate dagli apostoli fin al tempo
nostro, con modi santi, giusti, certi e divini, senza scrupolo e con certezza e
verità de’ populi ecc.

3. Far che le rendite e vassalli del Regno con lor gaudio moltiplichino, e
guadagnar in una volta più che cinquecentomila ducati per una mirabile impresa,
utilissima a tutte le cose d’Europa, e ogni anno centomila più che
l’ordinario; e il medesimo far nello Stato del Papa.

4. Fabbricar una città sana e inespugnabile, che solo mirandola s’imparino
tutte le scienze istoricamente.

5. Far che li vascelli senza remi navighino ancora senza vento, quando gli altri
stanno in calma, e vincere il tempo e il nemico. Probabile.

6. Far che le carra caminino per terra con grossi pesi, tirati dal vento,
senza bestie, meglio che non s’usa nella China. Probabile.

7. Far che li soldati a cavallo adoprino ambe le mani senza tener briglia
con quelle e guidar bene il cavallo per ogni verso meglio che non s’usa in
Tartaria. Probabile.

8. Far un gran libro per convertir alla fede i Gentili dell’Indie orientali e
occidentali, convincendoli con la propria dottrina di ciascuna setta loro
e con la ragion commune, poiché non credono autorità: e far che per confession
d’ogni sapiente e di loro stessi non si possi rispondere per nulla
via.

9. Un gran libro contra i macchiavellisti e politici, che son la peste di
questo secolo, mostrando quanto s’ingannino in pensare che la religione
sia arte di Stato e nel dubbitar dell’immortalità dell’anima, con nuovi modi
e ragioni vive, che non possa schivarle nissuno ostinato sofista, per confession
d’ogni filosofo e teologo che lo vedrà.

10. Un volume contra i Luterani e Calvinisti e ogni eretico che potesse
insorgere contro la fede cattolica, con una dottrina acutissima che convinca
l’avversari nella prima disputa, e che il modo finora con loro usato è un allungare
la lite, il che è spezie di vittoria a chi mantiene il torto.
11. Andar in Germania, lasciando in carcere per ostaggi cinque de’ suoi
parenti, e convertir almen duo delli prencipi protestanti alla fede cattolica, e
tornar fra quindici mesi con l’ambasciator loro all’Imperatore e al Papa; e
prima far capace il Papa del vero modo come egli si confida ciò fare per
la grazia di Iddio e con la vertù e disputazion sicura; e screditare Calvino
affatto in quelle parti.

12. Doppo questo, far una scuola di cento discepoli in circa, armati di
dottrina, di testimonianze, di riscontri, di profezie, di argomenti e di pietà,
risoluti a pigliare il martirio, e mandarli a predicare contra gli eretici e far
progressi mirabili in Germania e Fiandra, assicurandoli dell’[imminente
lor ruina].

13. Insegnar in spazio d’un anno rettorica, poetica, logica, filosofia, politica,
medicina, astrologia, cosmografia ad ogni ingegno atto ad imparar, e
far che intenda meglio le cose che un altro versato dieci anni nelle scuole
communi, insegnando a filosofar sopra le cose, non sopra le parole, e far
il mondo libro e memoria locale d’ogni arte, salvo della teologia, che vuol
autorità assai, e la legge, alle quali per le dette scienze in breve s’arriva.

14. Scrivere un nuovo modo ed efficace di tirare gli Ebrei alla fede.

15. Scoprir Macometto Antecristo con novissimi segnali e mostrar l’imminente
ruina di sua setta dalli suoi proprii antevista, e che li Calvenisti suoi
settari siano appartenenti ad una delle sette teste; e molte verità di questo
palesarci.

16. Far un libro d’astronomia per il Mondo Nuovo, a cui manca, e figurar
in quelle ignote stelle gli eroi della conquista, come han fatto li Caldei
ed Egizi: e sarà gloria del nome spagnuolo e insegne mirabili della Cristianità.

17. Manifestar una congiura secreta fatta da molta gente contra la profezia
di Cristo e del Vangelo, e scoprir cose stupende per la sua verità, che
tireranno il mondo errante tutto forzatamente alla conoscenza di Cristo Iddio
nostro.

18. Far un libro di tutte le scienze naturali e morali, cavato dalla Bibbia
e da’ santi Padri, che per confession d’ogni savio avanzarà Aristotele e Platone
di certezza, di facilità e di verità, e distoglierà la gioventù dalla zizzania
de’ Gentili, per le quali errano genti infinite in palese e in secreto.

19. Trar nuove arti e secreti per la vita dell’uomo, e per la gloria di questo
nuovo secolo e grandezza del Re e del sommo Pontefice; e non si scrivono,
perché bisogna vederli, per crederli, a chi non sa il suo ingegno.

Promette fare tutti questi libri in spazio di quindici mesi, che non possino
esser notati d’eresia, né di falsità, né d’adulazione, né di senso stirato: fortificati
d’autorità della Bibbia e de’ santi Padri e de’ sapienti in ogni nazione e
scola: e accertati con li decreti della natura e dell’esperienza, e con ragioni
vive, efficaci e convincenti; e stare a prova d’ogni lingua contradicente usque
ad satisfactionem animi, a pena della vita; e gli altri artifici farà presto, secondo
la commodità, li certi certamente, li probabili probabilmente.

E per segno che l’autor sia atto a far dette cose, si vede che in spazio di
trentadue anni compose questi libri secondo le proprie invenzioni, e non
copiati, come s’usa, ma inventati, contra i Gentili, Macomettani ed eretici:

[1]. De rerum universitate libri viginti.

[2]. De investigatione rerum libri tres.

[3]. De sensu rerum et magia libri quattuor.

[4]. De insomniis liber unus.

[5]. De rhetorica, dialectica et poëtica propriis libri quinque.

[6]. Di filosofia naturale e morale un compendio latino e doi vulgari, differenti.

[7]. De propria medicina libri duo.

[8]. De origine arteriarum et nervorum et venarum, de pulsu, motu et respiratione
animalis contra Galenum et asseclas apologia
.

[9]. Pro Bernardino Telesio de rerum natura libri octo.

[10]. Pro philosophis Magnae Graeciae apologia ad Santum Officium.

[11]. De propria astronomia et mundi per ignem interituri symptomatis
libri quattuor contra Ptolomaeum, Copernicum, Aristotelem et Telesium.

[12]. De philosophia Pythagoreorum liber unus in versu Latino.

[13]. Un libro di sonetti e canzoni a diversi amici, regni e repubbliche,
con salmodia morale e mistica della prima Sapienza.

[14]. Della propria metafisica, tre parti, con principii nuovi: Possanza,
Sapienza, Amore; e dell’oggetti loro e delle prime influenze: Fato, Armonia
e Necessità; con la riprova di tutte le scienze false e religioni di tutte le genti.

[15]. Un dialogo magno per legge naturale contra Lutero e Calvino e le
lor repubbliche, mostrando che sono da se stessi vinti, ma noi non sappiamo
servirci della vittoria.

[16]. De episcopo liber unus

[17]. Quaestiones quinquaginta contra Molinam pro Thomistis de libero
arbitrio, gratia et praedestinatione.

[18]. Della propria repubblica un dialogo.

[19]. Di politica aforismi centocinquanta.

[20]. Un discorso a’ Veneziani, richiesto da loro, se dovevan lasciar parlar
l’ambasciator francese e spagnuolo in propria lingua nel senato.

[21]. Un discorso dell’arte cavaglieresca.

[22]. Un volume grande di discorsi sopra la monarchia di Spagna, dove
dimostra il modo d’arrivarci per ragion di Stato divina e umana: e di tutti i
regni del mondo la profezia e la ragion del corso loro.

[23]. Una tragedia della Regina di Scozia, pur in favor di Spagna e della
fede cattolica.
[24]. Articoli profetali diciotto del presente secolo.

[25]. Cur prophetae et sapientes fere omnes violentae subiaceant morti,
tractatus unus. Cur prophetae et sapientes omnium gentium in magnis articulis
temporum fere omnes rebellionis et haeresis crimine tamquam proprio notentur,
exitioque dentur, et postmodum cultu et honore reviviscant, tractatus
unus
.

[26]. Della monarchia universale del Cristianesimo a tutti i principi, per
fare una greggia e un pastore; altrimenti soprastà loro la perdita dello Stato
e vita in breve, un volume: e sta in mano del cardinale San Giorgio.

[27]. Del governo ecclesiastico un libro secreto al papa, dove mostra che
bastano le forze dello Stato ecclesiastico a qualunque impresa vuol pigliare
contra infedeli e nemici; e che, se tutti i principi avesse contra, con arte mirabile
può arrivare a ridurre il mondo sotto la sua potestà in brevissimo tempo;
e che questo sarà.

Molte altre coselle ha fatto che non si numerano.

MEMORIALE AL REVERENDISSIMO NUNZIO DI NAPOLI

Illustrissimo e reverendissimo Signore,

noi, amici e parenti e discepoli del Campanella, sacerdote della religion
di san Domenico, carcerato in Sant’Ermo, facciamo intendere a Vostra Signoria
illustrissima qualmente non ci è uomo in Cristianità, che con più vive
ragioni, abbundanza di scienze e d’autorità d’ogni gente e scola sappia diffendere
la religion cristiana, che il sopradetto Padre: ed è attissimo a tirar
buona parte del mondo alla verità, e far tutto quello che promette nelli sopra
scritti capi; e noi abbiamo in mano tutti i libri che compose a questo fine
e le conclusioni mirabili, che aveva fatto per l’anno santo a sollecitar la
Cristianità a tante gran promesse. E perché parlava di questo e del fine
del mondo, sendo in Calabria tante dispute di giurisdizioni, e città e officiali
scomunicati e interdetti, esso, che diffendeva la parte ecclesiastica e atterriva
il mondo con li segni che mostrava (e si vidde il Tevere inondare, e la metà
di Calabria e Sicilia per terremoti roinare, come ei predisse, e comete e visioni
in aria), tenendo amicizia col Vescovo di Mileto, che scommunicò tanti
officiali, venne in odio dell’avvocato fiscale, e per le parole di fra Dionisio
Ponzio, che sollecitava gente per uccidere maestro Giovan Battista da Polestina,
che aveva fatto ammazzare suo zio, come appare in actis dell’antecessor
di Vostra Signoria illustrissima; e si servia di quelle profezie in Catanzaro.
Fu detto al Fiscale, e li rivelanti pregâro fra Dionisio che fuggisse, e li
donâro aiuto per parer vero il detto loro, e s’esaminâro che detto fra Dionisio
trattava con li prelati di ribellar il Regno. Venne Carlo Spinelli, corsero
la provincia, diffamâro questo negozio, e con premii e tormenti inusitati
fecero dir gran bugie e carcerâro li monaci, i quali, per salvarsi dalla prima
ira, dissero che erano eresie tra loro; così non morîro, vennero in Napoli,
li morti si ritrattâro di quanto avevano detto, come costa per fedi di confessione
in processo: ma perché avevano scritto al Re che salvâro un regno, liberâro
i secolari e afflissero i frati, e persuasero li processanti che non si donassero
li frati alla curia ecclesiastica, sapendo che s’aveva da scoprire
quanto si rubbò in Calavria sotto questo pretesto e che li frati tutti stavano
per ritrattarsi, andando in Roma, e narrar il negozio. Fuggì fra Dionisio e si
fe’ Turco per disperazione: tanto gridâro al cane: – Lupo, lupo! – che si fe’
lupo. «Non erant ex nobis», dice san Giovanni, ma «exierunt ex nobis»;
non deve il reo infedele pregiudicar gli altri. E perché fra Tomaso appellò al
Papa e disse alcune cose per schifar la morte, con le cautele del canone:
«Cum dilecti filii Cisterciences», De accusatione, e sapea che in mano della
parte non vale detto alcuno, e che il Papa concesse il Breve perché fu nominato
in congiura l’illustrissimo San Giorgi, il Vescovo di Mileto e il Vescovo
di Nicastro: e perché viddero poi con quanta efficacia e copia d’autori
difendeva le sue profezie, non lo lasciâro che si diffendesse, dicendo
che bisognava morir per ragion di Stato, e lo posero in un torrione umido,
con finestre serrate e sette grana di cibo, a discrezion di ministri, questo
facendo Giovanni Sances fiscale, perché la sua nepote guadagnò il feudo
di Maurizio con questa occasione, ed esso con altri persuasero a Maurizio,
vestiti di confrati, che dicesse quel che non sapeva e aveva negato in mille
tormenti, e poi non l’osservò la parola della vita e lo fece morir dannato,
come ci son li testimoni; e per tanti tormenti che donâro a Campanella e
per non lasciarlo defendere, come voleva monsignor Nunzio, che serviva solo
per forma, ché ogni cosa faceva il Fisco, l’han fatto impazzire: e vorriano
che morisse senza lingua per non scoprir molte cose loro. Talché oggi,
perché fuggì fra Dionisio, son doi anni e più che sta in una fossa posta sopra
un’altra fossa d’acqua e le mura stillano acqua; e quando piove entra la pioggia;
e non vede mai luce, e ha sempre notte e inverno, con li ferri a’ piedi,
dormendo vestuto; è mezzo nudo, stracciato e smorto, con dolor di denti, di
petto, di milza e di testa, che spesso cade morto; né ci è chi l’aiuti, né chi
possa vivere in quel luogo; mangia sette grana il dì, a discrezion d’un povero
alguazile.

Pertanto supplicano Vostria Signoria illustrissima che proveda, che non
mora disperato senza sacramento e senza chi lo veda, e Vostra Signoria illustrissima
avvisi Sua Beatitudine qualmente esso s’è offerto a mostrarsi innocentissimo,
posto in carceri ecclesiastici, perché ora ognuno trema a dire
una parola in favor suo e ci è congiura di Spinelli, Ruffi, Sanci e Morani e
altri, che guadagnâro tanto con questa favola, che, subito ch’alcun parla in
favor suo, dicono cheè eretico: e si sa che il Re può tanto e pur vuol combattere
con un verme morto in man sua e non darlo alla curia ecclesiastica,
dove essi ponno assai più, ma si sconfidano per le bugie. Di più, ci offerimo
tutti a comparire, e sanarlo, e farli fare tutte queste cose che promette in
benefizio della Cristianità.

Li nemici non han lasciato che potesse presentar i libri, che aveva fatto in
favor del Re ad instanza del regente Martos, e fra Pietro suo paesano li
fece venire, e stanno in mano di don Francesco di Castiglia e d’altri, ma
nessun vol parlare; e questi capi doveva presentarli don Lelio Orsino, che
era anima sua, e li promesse che, tornando di Calabria, dove andò viceré,
averia trattato, pigliata autorità per li servizi fatti, e l’averia fatto andare al
Re; e per disgrazia là si morì. Fûr presentati da certi suoi scolari; e li satrapi
persuasero al Viceré che son baie e diavolerie; e non voglion venire alla prova,
perché non cercan l’utile del Re e della Chiesa, ma il proprio; e s’aiutano
l’un con l’altro; e persuasero il medesimo ad un confessore spagnuolo, che
qualche volta l’andò a vedere. Pertanto, se Vostra Signoria illustrissima ama
la grandezza di santa Chiesa, tratti d’averlo in mano o in carcere dell’illustrissimo
Arcivescovo: ché, s’esso finge d’esser pazzo, come dicono, subito
si mostrarà; ben sa che David in mano de’ nemici si finse pazzo, e san Girolamo
lauda quella industria; ci è la sua appellazione in man di fra Pietro,
e quando non fusse, vale come fusse, per il capitolo «Si metus», De appellatione,
che, stando con timor di morte, dicendo: – Appello – , lo potriano
con ogni facilità far crepare, come già fanno.

Sa Vostra Signoria illustrissima che tutti i profeti e sapienti furon accusati
di ribellione ed eresia, e questa è antica querela di Platone e Senofonte
nella difesa di Socrate; contro i savi li satrapi e sacerdoti scrissero: «Rebellat
contra te Amos, o rex Ieroboam», e così di Ieremia: «Fugit ad Chaldaeos», e
d’altri: «Maledixit Deo et regi» in tutta la Scrittura santa; e se altre fiate fu
travagliato, più fûr li santi in ogni tempo; e Salomone dice: «Vidi iustos, quibus
mala perveniunt tamquam opera egerint impiorum, malos autem, qui
ita securi sunt ac si bene egissent» ed «eadem cunctis eveniunt, bono et malo»
ecc.; e la Sapienza dice: «Tribulationem et metum inducet super eum et
cruciabit eum cruciatu doctrinae suae, donec innotescant cogitationes suae»
ecc. Ecco già le sue cogitazioni a gloria dell’Altissimo.

Io l’assicuro che, se parlarà Vostra Signoria illustrissima a questo uomo,
si tenerà la più felice persona del mondo, ma che sia con sicurtà; e s’informi
da maestro Giovan Battista di Campagna e d’altra gente di sua religione,
ché vedrà questo uomo attissimo a far più che promette. E che nuoce il provare?
Ma questi satrapi, che «suggesserunt regi» ecc., non vorriano tal
prove, ché sanno quanto vale; e il Viceré forse teme, come il re Ioachim,
che lui voleva parlare a Ieremia profeta in presenza di satrapi, e questi venendo,
dissimulâro il parlare, e così molti altri prencipi. Ma Sua Beatitudine,
che «est rex regum», ben può provar questo uomo e, se dice bugie,
può farlo morire come simulatore e temerario. Ma, mentre va e vien l’avviso
da Sua Beatitudine, supplichiamo Vostra Signoria illustrissima che dica una
parola a Sua Eccellenza, che non lo facci morir così disperato, che la religione
o altri l’ha fatto instanza, e che lo metta in carcere comportabile in
Vicaria o dove li pare, perché si possa medicare e veder la sua causa, perché
il medico dice che si morirà all’improviso. Già Sua Eccellenza li ha fatto dar
letto e vestimento, ora all’ultimo, ma non si può spogliare per li ferri e per
l’infirmità, né ci è chi lo veda quando cade morto, notte e giorno piange misericordia,
bagnato, oscuro, afflitto e sotterrato solo; e per l’amor di Cristo
non mostri questa all’uffiziali inimici, ma la mandi a Sua Beatitudine, altrimenti
sarà peggio. Preti e laici e monaci son tutti spie: non ci regna la simplicità
di Roma e di Lombardia, se non per pescare. Iddio le ponga in mente
il gran servizio suo e di Sua Beatitudine e di tutta Cristianità e lo faccia venire
alla prova di cose tanto altissime con sua immortal gloria in terra e in
Cielo. Se li par trattarlo con l’illustrissimo signor Cardinale Arcivescovo, sto
alla sua prudenza: queste son cose di tanta importanza, che ognuno deve
metter mano; né si burli di tante cose: parli con l’autore, che li farà veder
l’esperienza: quando Colombo disse voler trovar un nuovo mondo, fu deriso
da tutti i regi, papi e repubbliche, e solo una donna l’ha creduto, che fu la
regina Isabella; e li teologi lo tenevano eretico, perché sant’Agostino nega
l’antipodi, e li filosofi stolti; e, prima che si trovasse che il vento voltasse
le molina e ’1 fumo li spiedi, si burlava la gente, e l’inventor lo trovò. «Nisi
credideritis, non intelligetis», disse Cristo: già è venuto il tempo di vedersi
tante maraviglie, come l’astrologi e savi confessano e li santi hanno predetto.

Con l’illustrissimo Nunzio passato [non] si trattò questo negozio, perché
mai hanno permesso li fiscali che il Campanella li potesse parlare e, quando
si esaminava, non volevano altro udire, se non un – Sì – e un – No – di quel
che lo domandavano; e, parlando di questo e dei libri fatti in servizio del Re,
rispondevano: – Taci ora, ché lo dirai nelle diffese! – e poi non volsero che
si diffendesse da sé, come richiese, ma li diedero un avvocato, che, per esserli
stato contra, lo fecero avvocato fiscale. Questo negozio aveva bisogno
di molti teologi e sapienti, o pur doveano osservar la sentenza De sententia
et re iudicata, canon
«Pastoralis», dove, ancor che fatta la ribellione, per
essere cosa atroce, debba aver avvocati e loco libero e tempo e modo da diffendersi
il reo; ma perché ritrattandosi in confronta fra Giovanni Pizzone e
fra Domenico Petrolo, dissero che in Calavria avevano detto che era vera la
ribellione, per non morir de facto, iure belli, e aggionsero l’eresia, perché
non si credesse che il Papa e altri prelati consentivano, come divulgâro
nel primo processo; onde volevano occiderli senza cercar licenza, e però
mostrâro che erano pur contra il Papa con eresia: e invero questo li salvò
che non morissero a prima, e il dire che c’era intervento de’ Turchi; e così
il Fiscale mutò il processo e di nuovo esaminò; e questo fu invenzione del
Pizzone e del Campanella, ma «excrescit medicina modum», perché fûro
astretti altri a tornar al vomito e li secolari pigliare occasione di aggiunger
cose nuove e nuove esamine; e chi più diceva e inventava era tenuto meglio.
Però monsignor Nunzio sempre si mostrò alieno, e lasciava fare e dire al Fisco;
ma monsignor di Termoli scrisse al Papa che era baia, e perché tutti
parlâro con lui di ritrattarsi, il cappellano di Castel Nuovo, che di tutti udì la
confessione, scrisse il medesimo; e tutti li morti e vivi si ritrattâro publicamente,
come sopra.

Dunque questo gran negozio il Signor Iddio lo serbò a Vostra Signoria
illustrissima. Se la causa si rivede di nuovo, il Re guadagnarà più di quarantamila
scudi delle composte che pigliâro più di mille persone: e chi pagava
mille ducati lo lasciavano; ci son anco le mercedi dell’iniquità occulta da ritornare
e, se vogliam passarla, si riducerà pure a gloria sua e di santa Chiesa
resuscitar un uomo che faccia tant’utile alla Cristianità. Della sua morte nulla
si guadagna e nessuna legge permette che muora un uomo tant’utile alla
repubblica. Se diceno che fuggì per esser tanto guasto, lo mettano in Vicaria
o in Castel Nuovo a basso, dove stanno i schiavi, che non ci è paura di fuga:
se è tristo, si scoprirà la malvagità e lo puniranno; se è buono, perché li proibiscono
che con vertù s’acquisti la fama e grazia del Re e di Sua Beatitudine?
Ma tremano che non torni sano, e scriva al Re e al Papa, e scopra la
malvagità altrui, e faccia queste opere gloriose in loro scorno ecc.

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