Tommaso Campanella, Scelta d'alcune poesie filosofiche, n. 3

Precedente Successiva

3
Fede naturale del vero sapiente


Io credo in Dio, Possanza, Senno, Amore,1
un, vita, verità, bontate, immenso,
primo ente, re degli enti e creatore.

Non è parte, né tutto, inciso o estenso,
ma più somiglia al tutto, ond'ogni cosa
partecipò virtute, amore e senso.2

Né pria, né poi, né fuor, l'alma pensosa
(ché 'n vigor, tempo e luogo egli è infinito)
può andar, se in qualche fin falso non posa.3

Da lui, per lui e 'n lui vien stabilito
lo smisurato spazio e gli enti sui,
al cui far del niente si è servito.4

Ché l'unità e l.essenza vien da lui;
ma il numero, e che questo non sia quello,
da quel, che pria non fummo, restò in nui.5

Lo abborrito niente fa il duello,
il mal, le colpe, le pene e le morti.

Poi ci ravviva il divino suggello,
participabil d'infinite sorti,
Necessitate, Fato ed Armonia
Dio influendo, che su' idea trasporti.6

Quando ogni cosa fatta ogn'altra sia,
cesserà tal divario, incominciato
quando di nulla unquanche nulla uscìa;7
di voglia e senno eterno destinato,
che in meglio o in peggio non pôn far mutanza,
sendo esso sempre morte a qualche stato.8

Prepose il minor bene a quel ch'avanza,
e la seconda legge alla primera,
chi diè al peccato origine ed usanza.9

Poter peccare è impotenza vera.

Peccato atto non è: vien dal niente;
mancanza o abuso è di bontà sincera.10

Vero potere eminenza è dell'ente:
atto è diffusion d'esser, che farsi
fuor della prima essenza non consente.11

Necessità amorosa sol trovarsi
nel voler credo: ma di violenta
l'azioni e passion non distrigarsi.12

La pena a' figli da' padri se avventa,
la colpa no, se da voglia taccagna
imitata non è, poiché argomenta.

Ma dalla prole a' padri torna, e stagna,(a)
chi di ben generar non fan disegno
e trascurâro educazion sì magna.
Ma la colpa, e pena alla patria, ed al regno,(b)
che di tempo e di luoco non provvede
e di persone, che fan germe degno.13

Perché dell'altrui pene ognuno è erede:
non lo condanna ignoranza o impotenza,
ma voglia mal oprante in quel che crede.14

Dall'ingannati torna la sentenza
Agl'ingannanti, che 'l Padre occultâro
a la fanciulla ancor nostra semenza.15

Bisogno e voluntà, non senso raro
mirando, spesso rispose il pio Padre
là dove e come i figli l'invocâro.16

Talché, barbare genti [ed idoladre](c),
se operaste giustizia naturale,
non siete esenti dalle sante squadre.17

Vivo, e non morto, un padre universale,
non parzial, né fatto esser Dio mai,
a chi s'annunzia più scusa non vale.18

Al che aspettato e' venne in tanti guai,
commosso dagli nostri errori e danni,
come per tutte istorie ritrovai,19
contra sofisti, ipocriti e tiranni,
di tre dive eminenze falsatori,
a troncar la radice degli inganni.20

Voi falsi sempre sol, commentatori,
additaste per tata(d) alli bambini
voi stessi e le serpenti(e) e statue e tori.21

Poi contra i sensi proprii a' peregrini
non bastò dir che la saetta vola,
ma che sia uccello, e Dio gli enti divini.
Perdé la Bibbia la mosaica scuola
al tempo d'Esdra22. . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . .

I proprii Farisei Cinghi sortìo,
Amida i bongi di Chami e Fatoche,
l'altro emisfero in empietà finìo.

Utili a tutti, chiare leggi e poche
per l'arte abbandonâro23 la natura,
perché nel primo seggio le rivoche.

Delle scienze ognun vuol ch'abbia cura;(f)
non le condanna con le false sètte,
ch'abboriscon la luce e la misura.24

Ammira il sol, le stelle e cose elette
per statue di Dio vive e cortigiani:
adora un solo Dio, ch'un sempre stette.25

Scuola alza e regno a Dio da questi vani:
servir a Dio, in comunità vivendo,
è proprio libertà di spirti umani.26

La santa Chiesa, il Primo Senno avendo
per maestro, e 'l libro che Dio scrisse, quando
compose il mondo, i suoi concetti aprendo,27
sette sigilli or or disigillando,
chiamerà tutto l'universo insieme
al tempio vivo dove va rotando.28

Né a Dio, né al tutto, male al mondo preme,100
ma sì alle parti, donde egli è diverso;
ma ride al tutto la parte che geme.29

Ogni cosa è immortale in qualche verso;
sol l'alme vanno d'uno in altro mondo,
secondo i merti, più opaco o più terso,30105
finito in questo ognuna il proprio tondo,
u' gli spiriti sciolti han le lor vie
che portan del fatal ordine il pondo,
ed il giudicio aspettan del gran die.31

Commento dell'Autore

Propone in questo canto quel ch.egli crede, per metafisico sillogismo, di Dio e delle sue opere nella natura e arte; e a dichiararlo ci bisogna tutta la sua Metafisica.

1 Predicati essenziali di Dio, noti in Metafisica.

2 Simiglianza e dissimiglianza sua col tutto.

3 Infinità di tempo, di luogo e di vigore in Dio.

4 Come gli enti sono nello spazio, base dell'essere, così questa in Dio.

5 Perché le cose non sono infinite, ma mancano da Dio, participano il non essere e la divisione; donde nasce il numero e la contrarietà, e da questa i peccati e le pene naturali, e poi morali; perché l'anima cede al contrasto contra la legge.

6 Morendo le cose, rinascon altre secondo l'idea che, con li strumenti universali di Dio, Fato, Armonia e Necessità, si imprime sempre in ogni materia; talché ci è trasmutazione e non morte.

7 Si finirà il mondo e sue trasmutazioni, quando ogni cosa sarà fatta ogni cosa; e cominciò, quando di nulla cosa ancora era stata fatta nulla cosa. Vedi la Metafisica.

8 La volontà e sapienza divina non può mutarsi: perché ogni mutamento è qualche morte della cosa che si muta, o in meglio o in peggio.

9 Che cosa originò il peccato.

10 Poter peccare è impotenza, e il peccato è difetto, non effetto, e abuso del bene.

11 Il potere è primalità in metafisica, e l'atto è diffusion dell'essere: che pur fuor di Dio, né senza Dio non può farsi, come si fa il peccato.

12 Necessità spontanea è nel volere: ma nell'oprare si truova anche violenta, e più nel patire. Sol la volontà dunque è libera, perché da Dio solo è mossa con soavità.

13 Il padre deve portar la colpa e la pena del figlio peccante per suo difetto, ché mal lo generò o mal l'allevò: ma il figlio, non la colpa, ma la pena solo dal padre trae. E la patria, che ha più senno, è obbligata ad ambedue mali, che non provvede alla generazione ed educazione, secondo scrisse l'autore nel libro detto La Città del Sole e negli Aforismi politici.

14 Nullo è condannato per non potere fare o per non sapere la vera fede, ma solo per non osservare quello che sa o vede esser vero doversi osservare.

15 Gli eresiarchi ingannatori patiranno la pena dell'ingannati; ma questi son salvi, se non possono da sé arrivar al vero, né son persuasi da chi lo sa ragionevolmente, e son pronti alla verità persuasa.

16 Dio rispose nelli oracoli a chi l'invocò con buon zelo, ignorando che quelli eran de' demoni, e spesso chi lo sapea; ma peroché vide esser necessario così al governo di qualche imperio o persona. Così pur dice san Tomaso, Secunda secundae, questione 140.

17 A chi osserva la legge di natura, ignorando quella della grazia, non si nega il Paradiso.

18 A chi s'annunzia il vero Dio con ragione, non resta più scusa d'ignoranza, né di non pigliar i sacramenti.

19 Venne Dio ad incarnarsi e insegnarci la verità, come fu il desiderio di tutti gli uomini; e questo si truova in Platone e Cicerone, nonché ne' profeti e sibille.

20 Sofisti contra la sapienza, ipocriti contra la bontà tiranni contra la potenza, princìpi metafisicali, s'armâro e le falsificâro, fingendosi di quelle ornati.

21 Li commentatori fecero le eresie; e alli uomini, che cercavano qual è il padre Dio, altri dissero che Dio era il serpente, altri la statua, altri il vitello, altri se stesso, e gli fecero idolatrare; e poi fecero gli dèi metaforici dèi veri.

22 Qui manca, ed era scritto come si fece l'adulterazione della Bibbia e del Vangelo per li eresiarchi con sofismi; e poi soggionge che ogni legge d'altri legislatori arrivò ad aver Farisei, Saducei...

23 Condizioni delle vere leggi, e come si guastano, mentre la natura all'arte pospongono.

24 Contra la legge di Macone, che abborrisce le scienze naturali, perché la sua falsità non si scuopra.

25 La natural legge ammira il cielo e le stelle come divine, ma un solo Dio vero conosce.

26 Fa scuola a Dio, e non alli uomini; ama il vivere in comunità, e questa esser la vera libertà, secondo la Città del Sole.

27 La scuola della natura ha il Primo Senno per maestro e per libro il mondo, dove Dio scrisse vivamente i suoi concetti.

28 Aspetta la revelazione della verità, qual sia la vera legge, quando si farà universal concilio, ed una fede ed un pastore.

29 Il male non è essenziale, perch'a Dio ed al mondo non è, ma solo alli particulari. Il caldo è male al freddo, non al mondo, a cui pur serve la morte continua delle parti, come a l'animale quella del cibo.

30 Tutte le cose sono immortali in idea ed universalità e per successione. L'anime non muoiono, ma cambiano paese, od al Cielo ovvero all'Inferno.

31 Tocca alli angeli guidar l'anime, e son parti eminenti del Fato divino; e l'anime aspettan il giudizio universale, come argumenta Atenagora, per ragion di providenza e di giustizia.

Note di GLP

(a) Si ripristina l'originale (Scelta 1622, 3) rispetto all'edizione Firpo, che reca: imitata non è, poiché argomenta; / ma dalla prole a' padri torna e stagna, (Scritti letterari, 12).

(b) Si ripristina l'originale (Scelta 1622, 3) rispetto all'edizione Firpo, che reca: Ma colpa e pena alla patria ed al regno, (Scritti letterari, 12).

(c) Tra parentesi quadre integrazione di Firpo (Scritti letterari, 13).

(d)Scritti letterari, 13: «tata».

(e)Scritti letterari, 13: li serpenti.

(f) Si ripristina l'originale (Scelta 1622, 5); Firpo fornisce la seguente versione: per l'arte abbandonâro: la natura, / perché nel primo seggio le rivoche, / delle scienze ognun vuol ch'abbia cura; (Scritti letterari, 14).

Precedente Successiva

Schede storico-bibliografiche