Tommaso Campanella, Scelta d'alcune poesie filosofiche, n. 38

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A Venezia


Nuova arca di Noè, che, mentre inonda
l'aspro flagel del barbaro tiranno
sopra l'Italia, dall'estremo danno
serbasti il seme giusto in mezzo all'onda,1
qui di discordia e di servitù immonda
inviolata, eroi chi ponno e sanno
produci sempre: onde a ragion ti fanno
vergine intatta e madre alma e feconda.2

Maraviglia del mondo, pia nepote
di Roma,3 onor d'Italia e gran sostegno,
de' prencipi orologio e saggia scuola,
per mai non tramontar se', qual Boote,
tarda in guidare il tuo felice regno,4
di libertà portando il pondo, sola.5

Commento dell'Autore

1 Quando Attila, detto nelle istorie «flagel di Dio», distrusse Aquileia e Padova, le reliquie degli abitanti si fuggîro nel seno del mare Adriatico, e fabbricâro Venezia in mezzo all'acque, che, come nuova arca di Noè, serbò il seme italico ecc.

2 Nota che Venezia mai fu soggetta né a cittadini né a forestieri, e però «vergine» si dice, come Ezechiele chiama Gierusalem «puttana d'Assiri», e Dante Italia «bordello» de' forestieri che la soggiogâro.

3 Nella Canzone ad Italia si vede perché Venezia è «maraviglia» ecc.; «nepote di Roma», perch'è figlia di Aquileia, colonia romana.

4 Nota che tutte le repubbliche sono tarde in deliberare, per gli molti consigli: ma Venezia ha il primato in questo, ed è simile a Boote, che per la tardanza non tramonta mai; e Venezia pe' consigli si mantiene in vita e libertà.

5 In questo tempo, che tutto il mondo è schiavo, gran pondo è potere essere libero.

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