Tommaso Campanella, Scelta d'alcune poesie filosofiche, n. 30

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madrigale 9


Canzon, dirai che l'uom sol fa beato
il senno, senza cui gli ben son mali,
né si sente il gioir; ma seco pure
il mal fia ben. Né senso han l'alme impure,
ma veggon con gli occhiali
le cose in altra guisa ch'elle stanno.

Né purità può aver chi non è nato
per sé, ma ad uso di que' che più sanno;
talché si fa felice
sol oprando quel che 'l saggio ci dice.
Assai sa chi non sa, se sa obbedire.

Tutto infelice fia chi non ascolta,
ma nacque per servire
in quel mal, che ben fia di gente molta.

Forse fia in altre parti puro poi,
ché in varie forme s'occulta e rinasce,
e sol d'eternità l'esser si pasce;
ché il bene e 'l mal son dolci a' denti suoi.

Commento dell'Autore

In questo commiato dice che il senno fa sentire il bene e convenire il male in bene; dunque, egli è causa di beatitudine. E che non hanno senno vero l'alme impure, ma veggono le cose impuramente, ed adulteratamente giudicano. E che per natura s'ha la purità. E che gli nati impuri sono all'uso de' savi creati. E che assai sanno, se sanno ubbidire, e 'n ciò si beano con quelli. Ma chi neanche sa ubbidire, è nato per servire ad altri, facendo male; perché il male serve al mondo per esercizio, pena e per migliorarsi. E che forse un ente trasmutato sarà puro in un altro essere formale, lo quale è corruttibile: e solo eterno è l'essere, che ha per dolce il bene e 'l mal delle seconde cose, intendendo il lor fine.

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