Tommaso Campanella, Scelta d'alcune poesie filosofiche, n. 32

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Della nobiltà e suo' segni veri e falsi

sonetto


In noi dal senno e dal valor riceve
esser la nobiltade; e frutta e cresce
col ben oprare; e questo sol riesce
di lei testimon ver, com'esser deve.

Ma la ricchezza è assai fallace e lieve,
se a luce da virtù propria non esce.

Il sangue è tal, che a dirlo me n'incresce:
ignorante, falsario, inerte e greve.

Gli onor, che dar dovrebbon più contezza,
con le fortune tu, Europa, misuri,
con gran tuo danno, che 'l nemico apprezza.

Giudicar l'arbor da' frutti maturi,
non d'ombre, frondi e radici, sei avvezza:
poi, perché tanta importanza trascuri?

Commento dell'Autore

La nobiltà dal senno e dal valore nasce, e con l'operare bene si nutrisce; e che l'operazione buona è suo testimonio vero, e non la ricchezza, né l'onore; ma peggiore il sangue. Poscia dice, che l'onor doverebbe esser più certo testimonio della nobiltà; ma questo si dà oggi a chi è più ricco in Europa. E che il Turco, nostro nemico, meglio di noi mira solo alla virtù, e non al sangue, poiché nobilita gli schiavi; e qui nota quel ch'in Politica pruova l'autore, che, se 'l Turco conoscesse la virtù vera, solo per questo buon uso sarebbe padron del mondo.

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